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Speciale Ecuador: di Tania Belli |
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Speciale Elezioni in Ecuador
Atterraggio a Guayaquil
Sanità (prima parte)
Post Elezioni Dale Correa Piacere, mi chiamo Miseria Huelga: un sistema per cambiare la vita Il ritorno Carcere: struttura riabilitativa o sala delle torture? ¿Ma quante Yenny conosci in Ecuador? La scuola che non "impara" ¿Essere o apparire? Italia-Ecuador: immigrazione da primato. Hospital Luis Vernaza Sanità Il pane che sfama la fame(seconda parte) | ||||
Il quadro di Picasso: un contributo di Andrea Strambi sul quadro Guernica di Picasso Passi nel dolore: una Poesia di Tania Belli a seguito del viaggio fatto ad Auschwitz nel marzo 2005 A vent'anni dal disastro: un articolo sul disastro di Chernobyl di Fausto Mariani |
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Io, come d’altronde ogni persona la quale, al culmine di un gesto d’amore, si è ritrovata ad esser membro della coeva società (una aggregato umano che, a prescindere dalle premesse, in un cerchio di 360 gradi è in grado di racchiudere tutto quanto un pianeta possa venir ospitato, bello o brutto che sia!), il nome della miseria già lo avevo sentito pronunciare diverse volte (finanche facendomene portavoce). Eppure nessuno, in tanti anni di discussioni intorno all’affaire miseria, si era presentato dinanzi al mio cammino, offrendosi di presentarmi la essenza in cui la dama nera, dal nome miseria, concretamente s’incarna, assumendo sembianze reali.
Ancora una volta, perciò, mi sono dovuta voltare a guardare i mille volti dell’Ecuador, per poter incrociare il mio sguardo con quello della miseria. E la miseria, in Ecuador, ad Esmeraldas nello specifico, si chiama “Potosì”.
Potosì un quartiere che rispecchia la sua disperazione nelle acque del rio Esmeraldas, di nascosto da una città che, impastata di passionalità, polvere e calore umana (purtroppo, però, anche di abbondante lassismo, ben irrigato dalla insistente pioggia che da dicembre a marzo ne condiziona irrimediabilmente la quotidianità) tenta di destarsi dall’ancestrale torpore che ne paralizza l’emancipazione.
Una città che, infatti, a parte il nome, altro no sa della oscena e colpevole deformità che il suo corpo sociale presenta a ridosso di quel fiume che, molto probabilmente, le ha dato la vita e permesso la sopravvivenza (ed i primi a non volerlo sapere sono proprio coloro che avrebbero l’obbligo di sapere ed agire: i politici!). Tanto che per arrivare ad osservarne da vicino le macroscopiche deviazioni genetiche, c’è bisogno che un accompagnatore fidato metta a disposizione il suo microscopio di esperienze e ti dia le istruzioni per vedere attraverso le sue lenti, ovvero ti indichi la strada per arrivarci, guidandoti amorevolmente.
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Tania Belli, autrice del libro "31 giorni in Ecuador giusto il tempo per lasciarsi graffiare l’anima" di Fabio Croce Editore
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